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Energia e clima: audizione alla Camera dei deputati sul PNIEC

17 Apr 2024

L’11 aprile u.s. Coldiretti si è tenuta l’audizione dell’8° e dalla 10° Commissione della Camera dei Deputati su Piano Nazionale Integrato per l’energia e il clima (PNIEC).

A partire dal 3 aprile 2024 le Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) hanno avviato un ciclo di audizioni informali sulla proposta di aggiornamento del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC).

Si ricorda che l’invio della versione definitiva di aggiornamento del PNIEC alla Commissione europea è previsto entro il 30 giugno prossimo e terrà conto degli orientamenti emersi nel corso di una serie di consultazioni facenti parte di un processo di informazione, partecipazione e condivisione del Piano. Questo processo, oltre alle audizioni parlamentari, comprenderà anche strumenti di consultazione sul testo più strutturati, come la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e canali istituzionali come la Conferenza Unificata.

Si è espresso una valutazione generalmente negativa sul Piano, segnalando come il settore agro-forestale, anche rispetto alle sue potenzialità in termini di mitigazione climatica (contenimento delle emissioni climalteranti, produzione di fonti energetiche rinnovabili, sequestro del carbonio nel suolo e nelle piante, diffusione di nuovi modelli di consumo) avrebbe dovuto assumere una maggiore centralità.
Le principali lacune del Piano, appaiono, infatti, direttamente collegabili ad un approccio poco attento alle potenzialità e al ruolo del settore agro-forestale nell’ambito delle strategie di mitigazione, mancando di evidenziare i progressi del settore in direzione della riduzione delle emissioni climalteranti, della produzione di energia rinnovabile secondo modelli di bioeconomia circolare e della capacità di assorbimento del carbonio nei suoli e nelle piante. Importante anche il ruolo dell’adattamento climatico, dove il settore agroforestale, grazie ad una azione di presidio nelle aree interne e di montagna, svolge un ruolo fondamentale nel contrasto al dissesto idrogeologico.
L’attuale versione del Piano, infatti, si configura per lo più come una fotografia dell’evoluzione degli scenari al 2030 a “politiche vigenti”, concentrandosi sulla definizione di traiettorie che tengono conto essenzialmente delle misure già messe in atto. Questo spiega, probabilmente, la mancanza di consistenti scostamenti dall’impostazione già osservata nel PNIEC del 2019 per quanto riguarda l’inquadramento del ruolo del settore agro-forestale (forse ad eccezione di una crescita di attenzione riservata al biometano e all’integrazione delle rinnovabili con il territorio, seppure caratterizzata, quest’ultima, da continui rinvii alla definizione della normativa sulle aree idonee). Si rileva, in particolare, come, relativamente allo sviluppo delle fonti rinnovabili, nel Piano emerga una sostanziale sottostima del contributo delle biomasse combustibili alle esigenze termiche. Per le biomasse, in generale, la direzione da prendere non è certo quella dei divieti, ma, semmai, quella di procedere ad una valorizzazione dei sottoprodotti ai fini dello sviluppo di attività in piena attuazione dei principi di economia circolare. La questione, infatti, non è solo quella relativa all’impiego termico (dove sarebbe sufficiente tener conto dei progressi tecnologici già maturati nel campo della combustione) ma anche rispetto a soluzioni, ad esempio, nella gestione degli sfalci e delle potature.
Altri limiti del PNIEC riguardano, ancora, l’“assunto” che la maggior parte della produzione di biogas dovrà essere convertita a biometano e la sostanziale assenza di indirizzi programmatici per garantire una convivenza sostenibile, sul piano della governance territoriale, tra gli impianti energetici (soprattutto da parte di fotovoltaico ed eolico) e la tutela del suolo, del paesaggio e del made in Italy agroalimentare.
Rilievi più specifici al Piano da parte di Coldiretti hanno riguardato un richiamo all’importanza, come strumento pianificatorio di riferimento, dell’atteso decreto sulla “disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili” (in attuazione dell’art.20 d.lgs. 199 del 2021). Si è sottolineato, infatti, come in assenza di una definizione delle aree idonee, dovuta al ritardo nell’approvazione dei decreti attuativi, non è possibile fissare gerarchie e obiettivi. Il decreto Aree idonee, infatti, resta il principale strumento deputato a conciliare esigenze energetiche con altri legittimi interessi (suolo, paesaggio, sicurezza alimentare, etc.) e rappresenta un presupposto di pianificazione irrinunciabile, specie nella declinazione degli obiettivi di diffusione del fotovoltaico e dell’eolico in area agricola.

Un altro aspetto che, insieme alla definizione delle aree idonee, costituisce un elemento chiave per una programmazione in campo energetico è quello che riguarda le reti. Il PNIEC registra una situazione critica in alcune aree del Sud, in particolare nelle Regioni Campania, Puglia e Calabria, dove l’ingente produzione da fonti rinnovabili determina congestioni sulle reti primarie oltre che sui collegamenti 380 kV della dorsale Adriatica. Si evidenzia, in questo senso, l’assenza di analisi sufficienti a provare gli effetti di una concentrazione di produzione di energia elettrica in alcune aree con l’evidente dubbio che le reti possano essere inidonee ai fini di un aumento della captazione e del transito di contingenti più elevati. Una trasformazione energetica, caratterizzata soprattutto dal passaggio da una produzione centralizzata ad una diffusa, dovrebbe, invece, tenere in debito conto la necessità di un adeguato sviluppo delle reti, al fine di accompagnare la nascita sul territorio di impianti diffusi e costituendo un elemento imprescindibile anche per la diffusione delle Comunità energetiche (CER). Il discorso vale sia per la rete elettrica che per il sistema di distribuzione e trasporto del gas naturale, che dovrebbe rendere possibile e fattibile, sotto il profilo dei costi, un accesso agli impianti di biogas che decidono di accedere anche alla produzione di biometano.
Il PNIEC2023, inoltre, in linea con quanto avvenuto nella precedente edizione, appare sostanzialmente incompleto anche nel riconoscimento di quanto le imprese agro-forestali stanno già facendo e potrebbero fare nel campo della riduzione delle emissioni e nell’aumento dello stock di carbonio nei suoli e nelle piante, contributo che appare di estrema rilevanza strategica ai fini del raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica, così come ampiamente riconosciuto, sia a livello tecnico che normativo, in ambito europeo. Nel nuovo PNIEC, invece, contro ogni logica rispetto alla maturità conseguita dalla tecnologia, sembra farsi spazio, praticamente come unica soluzione, la suggestione dello stoccaggio geologico del carbonio (CCS).
Secondo Coldiretti, quindi, appare necessaria ed opportuna una rivisitazione del PNIEC almeno rispetto alla necessità di tener conto del quadro normativo in corso di definizione sulle Aree idonee e dello sviluppo delle reti, oltre che in direzione di una rivalutazione del potenziale delle agroenergie (specie per quanto riguarda le biomasse) e ad una valorizzazione delle misure finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra derivanti dal settore primario, nonché rispetto al rafforzamento dell’integrazione delle politiche energetiche con le politiche agricole (piano strategico PAC) e forestali (Strategia Forestale Nazionale), prendendo in adeguata considerazione anche l’importanza degli assorbimenti di carbonio agroforestali.

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