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Evento su Comunità energetiche

12 Mag 2023

L’evento tenutosi il 4 maggio a Reggio Emilia dal titolo “Comunità Energetiche Rinnovabili, motore di innovazione e sviluppo: il ruolo delle professioni tecniche”.dà lo spunto per riprendere la tematica e illustrare le opportunità offerte.

Scopo dell’incontro è stato quello di fare il punto sulle prospettive delle comunità energetiche, alla luce dell’evoluzione del quadro normativo, dei nuovi incentivi e delle prospettive di coinvolgimento delle professioni tecniche e del mondo agricolo.
Si ricorda che le Comunità Energetiche Rinnovabili sono sistemi realizzati dai clienti finalizzati dall’art. 31 della legge 199/2021, basati sulla condivisione di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili. In pratica sono costituite da gruppi di persone che scelgono di autoprodurre energia elettrica da fonti rinnovabili, con i conseguenti benefici ambientali, economici e sociali ai membri della comunità. Servono a raggiungere gli obiettivi energetici (fonti rinnovabili) prefissati per il 2030 e rafforzare ulteriormente il percorso di sicurezza energetica nazionale valorizzando il territorio.

Le comunità energetiche rinnovabili, infatti, sono composte da un gruppo di soggetti che si uniscono insieme per creare una rete locale che avrà l’obiettivo di creare e condividere l’energia prodotta da fonti rinnovabili conseguendo risparmi energetici e vantaggi dal punto di vista dell’indipendenza energetica.
Per quanto riguarda gli incentivi, inoltre, si segnala che Il Ministero dell’Ambiente ha recentemente predisposto una bozza di decreto (attualmente in fase di notifica da parte della Commissione Europea) contenente misure per favorire la creazione di nuove comunità energetiche rinnovabili e configurazioni di autoconsumo.
Secondo la bozza di decreto, sono previsti incentivi a fondo perduto che coprono fino al 40% dei costi per la realizzazione delle CER, riservati ad iniziative realizzate nell’ambito di Comuni sotto i 5.000 abitanti. Un incentivo corrisposto attraverso una tariffa legata alla condivisione dell’energia, invece, varrà per tutti i Comuni.
L’intervento che fa riferimento al contributo a fondo perduto, rientra nella misura del PNRR e riguarderà sia la realizzazione di nuovi impianti che il potenziamento di impianti già esistenti: la misura è finanziata con 2,2 miliardi di euro e punta a realizzare una potenza complessiva di almeno 2 GW e una produzione indicativa di almeno 2.500 GWh ogni anno. Per quanto riguarda la tariffa incentivante, invece, la potenza finanziabile è pari a complessivi 5 GW, con un limite temporale fissato a fine 2027. Si precisa, comunque, che chi otterrà il contributo a fondo perduto potrà chiedere di cumularlo con l’incentivo in tariffa.
I benefici previsti dal decreto riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico,l’idroelettrico, biogas e biomasse e fanno riferimento ad impianti della potenza massima di 1 MW.
Per quanto riguarda la configurazione di autoconsumo, l’incentivo previsto è basato su una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa, sempre prodotta da impianti a fonti rinnovabili.
Entrando più nello specifico delle agevolazioni previste dalla bozza di decreto per le CER, per quanto riguarda il contributo a fondo perduto, sono ammesse le seguenti spese:
– realizzazione di impianti a fonti rinnovabili (a titolo di esempio: componenti, inverter, strutture per il montaggio, componentistica elettrica, etc.);
– fornitura e posa in opera dei sistemi di accumulo;
– acquisto e installazione macchinari, impianti e attrezzature hardware e software, comprese le spese per la loro installazione e messa in esercizio;
– opere edili strettamente necessarie alla realizzazione dell’intervento;
– connessione alla rete elettrica nazionale;
– studi di perfettibilità e spese necessarie per attività preliminari, ivi incluse le spese necessarie alla costituzione delle configurazioni;
– progettazioni, indagini geologiche e geotecniche il cui onere è a carico del progettista per la definizione progettuale dell’opera;
– direzioni lavori, sicurezza;
– collaudi tecnici e/o tecnico-amministrativi, consulenze e/o supporto tecnico-amministrativo essenziali all’attuazione del progetto.
Spese finanziabili in misura non superiore al 10% dell’importo ammesso a finanziamento, invece, riguardano:
– spese di autoconsumo individuale di energia rinnovabile a distanza;
– comunità energetiche rinnovabili realizzate da clienti finali ai sensi dell’art. 31 del 199/2021;
– configurazioni di autoconusumo per la condivisione dell’energia rinnovabile;
– potenziamento di un impianto alimentato da fonti rinnovabili.
Le spese di cui sopra citate sono ammissibili nel limite del costo di investimento massimo di riferimento pari a:
1.500 € k.W, per impianti fino a 20 kW;
1.200 € k.W, per impianti di potenza superiore a 20 kW e fino a 200 kW;
1.100 € k.W per potenza superiore a 200 k W e fino a 600 kW;
1.050 € k.W, per impianti di potenza superiore a 600 kW e fino a 1.000 kW.
Per quanto riguarda il calcolo della tariffa premio applicabile all’energia elettrica condivisa, invece, all’interno degli allegati di proposta vengono citate 3 fasce di incentivi (in base ad un criterio dimensionale):
– per impianti fino a 600 kW la tariffa è composta da un fisso di 60 € per MWh e la tariffa premio non può superare i 100€per MWh;
-per impianti tra 200 kW e 600 kW la tariffa è composta da un fisso di 70 € per MWh e la tariffa premio non può superare i 110€ per MWh;
– per impianti al di sotto o pari a 200 kW la tariffa è composta da un fisso di 80 € per MWh e la tariffa premio non può superare i 120€ per MWh.
La bozza di decreto, inoltre, prevede delle correzioni della tariffa riservata agli impianti fotovoltaici a seconda della zona geografica.
Ricordiamo che è necessario attendere la pubblicazione del decreto per avere certezza degli importi e delle tariffe incentivanti.

Le comunità energetiche, inoltre, possono contribuire a risolvere anche problemi di accesso all’energia in aree svantaggiate e di montagna. Il ruolo di produzione energetica delle imprese agricole può, infatti, trovare uno spazio nella nascita di comunità energetiche basate sulla diffusione di un modello di produzione e consumo dell’energia distribuito e ritagliato sulle esigenze di un territorio, in piena applicazione dei principi di bioeconomia. In questo contesto può essere individuata una prospettiva di valorizzazione dell’energia prodotta dagli impianti di biogas di piccola e media taglia (specie quelli che per diverse ragioni non sono suscettibili di una conversione per la produzione di biometano), così come dagli impianti fotovoltaici installati sulle coperture dei fabbricati rurali e dagli impianti agrivoltaici, così come, per il termico, una prospettiva può delinearsi anche per gli impianti a biomassa combustibile realizzati con l’applicazione di particolari requisiti ambientali (contenimento emissioni inquinanti) connessi a sistemi di teleriscaldamento. Per il consolidamento delle prospettive degli impianti agricoli nelle Comunità energetiche rinnovabili restano, tuttavia, ancora alcuni nodi da scogliere sulle modalità di partecipazione (contrattualistica), mentre sembrano superati (anche grazie a quanto previsto dalla recente legge n. 41 del 21 aprile u.s.) alcuni problemi tecnici (eliminazione dell’obbligo di appartenenza alla stessa cabina primaria e del limite dimensionale di 1 MW per gli impianti agricoli.)

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