In Francia si è scatenato un dibattito acceso tra i sostenitori della filiera legno energia in qualità di azione clima – compatibile e chi sostiene che il prelievo boschivo concorra a ridurre l’assorbimento di carbonio.
Il dibattito ben evidenziato da un articolo giornalistico pubblicato da Le Monde e ripreso dalla Rassegna della Stampa Estera n.1199 a cura di Agra Press evidenzia come la tendenza in Europa vada sempre più verso una valorizzazione della risorsa rinnovabile legno – energia a differenza di quanto accade in Italia. E questo accade non in forza di una decisione politica ma di una “disattenzione diffusa” della problematica e del ruolo forestale . Alla vigilia dell’inizio della fase “territoriale” del Forun Nazionale delle Foreste evidenziamo la necessità di affrontare tale tematica ed uscire da una fase ” di non decisione ” politica.
Decisione che potrebbe trovare spunto da quanto analizzato e riportato dall’Approfondimento per il settore forestale a supporto del Libro Bianco“Sfide ed opportunità dello sviluppo rurale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici” realizzato nell’ambito della Rete Rurale Nazionale.
La foresta, nuovo obiettivo della politica climatica dell’Europa – “Le Monde”
(Francia) 24 marzo 2017 – (…) La posta in gioco e’ significativa, poiche’ l’area boschiva, che copre quasi il 40% del territorio dell’UE, assorbe oggi circa il 10% delle sue emissioni annuali di CO2, catturata tramite fotosintesi e immagazzinata nei tronchi, nei rami e nelle radici degli alberi, cosi’ come nel terreno. Un pozzo di carbonio naturale che Bruxelles vuole proteggere per mezzo di un nuovo regolamento comunitario. (…)
Il dibattito e’ tanto tecnico quanto politico. Verte su cio’ che gli esperti chiamano “l’uso del suolo, il cambiamento della destinazione d’uso del suolo e la silvicoltura”.
Il bilancio del carbonio di questo settore – la differenza tra il volume di carbonio sottratto all’atmosfera dalla crescita degli alberi o dalle piantagioni e il volume di carbonio rilasciato dai disboscamenti o dalla produzione di legno – e’ stato fino ad ora contabilizzato nel quadro del protocollo di Kyoto sulla riduzione dei gas a effetto serra. Un testo al quale nel 2020 subentrera’ l’accordo di Parigi adottato dalla COP21.
Tuttavia le emissioni e gli assorbimenti di questo settore oggi non sono inclusi negli impegni del “pacchetto clima-energia” europeo, volto in particolare a ridurre di almeno il 40% le emissioni dei gas a effetto serra dell’UE entro il 2030, rispetto al loro livello del 1990.
L’azione climatica dell’Europa resta dunque incompleta, se non zoppicante. Si basa per ora su due pilastri. Da una parte, il mercato del carbonio per circa 11.000 impianti industriali (centrali termiche, raffinerie, cementifici, cartiere…) che dovranno aver ridotto le proprie emissioni del 43% nel 2030. Dall’altra, il sistema di condivisione dello sforzo per il trasporto, l’edilizia e l’agricoltura (di cui questo sistema copre le emissioni di metano ma non quelle di CO2) che devono diminuire le proprie emissioni del 30%.
Per consolidare [la propria azione climatica, la Commissione europea ha deciso di aggiungervi un terzo pilastro, quello del settore forestale, fissando anche per esso degli obiettivi vincolanti. E’ questo il senso di una proposta di regolamento che, presentata nel luglio 2016, dovra’ essere applicata nel periodo 2020-2030. Si basa sul principio che, per ogni paese, questo settore non produca “emissione nette” di gas a effetto serra, di modo che il suo bilancio del carbonio sia “neutro o positivo”. Questo prendendo come riferimento “l’intensita’” della gestione forestale nel periodo 1990-2009. E’ su questo punto che la Francia e’ in disaccordo. Chiede che il riferimento sia quello della “pianificazione forestale nazionale esistente”.
Perche’ questa rivendicazione? La ragione e’ semplice. La Francia si e’ appena dotata di un nuovo Programma nazionale della foresta e del legno, il cui decreto e’stato pubblicato il 10 febbraio. Questo piano d’azione prevede di “mobilitare” – vale a dire di commercializzare – 12 milioni di m3 di legna supplementare l’anno fino al 2026, vale a dire un terzo in piu’ dei 37 milioni di m3 annui raccolti negli ultimi anni.
Il documento specifica che questo “condurrebbe ad un tasso di prelievo del 65% della crescita biologica” della foresta, vale a dire dell’aumento naturale del volume di legno eretto, mentre il tasso e’ attualmente del 50%. (…)
Il programma forestale nazionale entra cosi’ in contraddizione con la proposta di Bruxelles. In effetti, la foresta metropolitana (…) [che copre] 17 milioni di ettari, assorbe oggi circa il 12% delle emissioni annuali di CO2 della Francia. Un tasso di prelievo legnoso piu’ elevato avra’ come conseguenza la riduzione del suo potenziale di assorbimento rispetto alla gestione forestale degli scorsi decenni. Un o positivo”.
Interpellato, il ministero dell’Agricoltura assicura che questo non significa pero’ che, nel caso in cui l’aumento della raccolta di legno non raggiunga i 12 milioni di m3 previsti, la Francia sia autorizzata a emettere maggiori quantita’ di CO2 nel settore dell’edilizia, del trasporto e dell’agricoltura. Da parte sua, il ministero dell’Ambiente dichiara che “la posizione francese deve ancora essere sottoposta ad arbitrati”. I paesi europei discuteranno le proprie istanze in occasione della riunione di un gruppo di esperti, il 27 marzo a Bruxelles. Tuttavia le trattative proseguiranno:
infatti il consiglio dei ministri dell’ambiente e il parlamento europeo non si pronunceranno che nel mese di giugno.
Ad oggi, l’approccio francese e’ aspramente criticato dalle associazioni. “La Francia calpesta la propria reputazione di leader climatico, tentando di nascondere il fatto che le foreste francesi assorbiranno sempre meno carbonio, riscaldando quindi l’atmosfera”, denuncia Hannah Mowat, dell’ONG europea FERN. “Che messaggio inviamo al mondo? Come fermare la deforestazione a livello mondiale se persino la Francia non e’ onesta? Per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi serve un sistema di compatibilita’ forestale serio”.
Julie Marsaud (…), coordinatrice della rete forestale per France nature environnement, ritiene che “invece di proporre un artificio contabile, la Francia dovrebbe impegnarsi nel trovare l’equilibrio tra raccolta aumentata e pozzi di carbonio forestali rafforzati”. Ad esempio, “diversificando le foreste e aumentandone la densita’”.
Del resto, altri paesi sono sulla stessa lunghezza d’onda della Francia. E’ il caso dell’Austria e, in particolare, della Finlandia, secondo paese produttore di legno europeo, che vuole aumentare notevolmente il proprio taglio del legno, a scapito, denuncia FERN, delle terre tradizionali del popolo Sami. (…)
Questa divisione europea pone la questione dei limiti entro i quali la promozione del legno-energia, vale a dire la legna da ardere, sia o no “clima-compatibile”. In effetti, oltre che a valorizzare meglio la risorsa boschiva, il programma forestale francese punta a rispondere agli obiettivi della legge di transizione energetica (le filiere dell’energia rinnovabile, tra cui il legno, dovranno fornire il 38% del consumo di calore nel 2030) e a quelli della programmazione pluriennale dell’energia (il ricorso alla biomassa deve crescere di circa il 50% entro il 2023).
Il legno-energia rappresenta gia’ la prima risorsa rinnovabile in Francia (40% del mix rinnovabile, due volte piu’ dell’idrica), consumato per tre quarti dagli apparecchi di riscaldamento domestici. Sui 37 milioni di m3 di legno commercializzato annualmente, il 20% e’ oggi destinato ad essere bruciato, mentre poco piu’ della meta’ finisce in legno da costruzione, il restante viene invece destinato ad utilizzi
industriali (pasta per carta, pannelli di truciolato).
Si puo’ andare oltre [questa percentuale]? “Lo sviluppo del legno-energia non si oppone ad una gestione forestale sostenibile, a patto che il prelievo rimanga inferiore rispetto alla crescita della foresta”, stima Cyril Le Picard, presidente del settore biomassa del Sindacato delle energie rinnovabili. “E’ pero’ imprescindibile che si ripianti dopo un disboscamento”, aggiunge.Julie Marsaud e’ meno ottimista, tanto piu’ che ai tronchi commercializzati si aggiungono 25 milioni di m3 l’anno di legna destinata all’autoconsumo dei proprietari forestali privati, che vanno in fumo. Ai suoi occhi “l’equilibrio nella raccolta tra legno-materiale e legno-energia deve essere migliorato a favore del primo, al fine di favorire lo stoccaggio a lungo termine del carbonio”. Il legno trasformato in lavori di carpenteria, in parquet o in mobili continua a fissare il CO2 sequestrato durante la crescita degli alberi, mentre la combustione del legno da riscaldamento lo rilascia direttamente nell’atmosfera. Il paradosso sarebbe che con il pretesto di attenuare il riscaldamento [globale], la politica forestale ed energetica della Francia conduca in realta’ ad un’attenuazione dell’azione climatica dell’Europa.
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