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Indagine nazionale condotta dall’Ispra sulla gestione del cinghiale in Italia nel periodo 2015-2021

31 Gen 2023

Mercoledì 25 gennaio u.s. la Commissione Agricoltura ha svolto l’audizione di rappresentanti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), sui risultati dell’indagine nazionale condotta dall’Istituto sulla gestione del cinghiale in Italia nel periodo 2015-2021.
Al 2021 stimati 1,5 milioni di cinghiali in Italia. In sette anni, abbattimento aumentato del 45%. Danni all’agricoltura per 120 milioni di euro. Abruzzo e Piemonte le regioni più colpite. Attraverso l’indagine svolta, l’Istituto ha stimato una consistenza minima di un milione e mezzo di animali aggiornata al 2021. Il prelievo medio annuale è stato stimato in 300.000 capi (di cui 257.000 in caccia ordinaria e 42.000 in interventi di controllo faunistico), con un aumento del 45% nel periodo considerato e una stima media dei danni alle colture agricole pari a circa 17 milioni di euro all’anno.

Lo studio ha avuto lo scopo di collezionare i risultati della prima indagine di dettaglio a scala nazionale che ISPRA ha realizzato grazie alle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Aree protette e che l’Istituto ha comunicato ai ministri dell’Ambiente e dell’Agricoltura. La consultazione di oltre 700 documenti e relazioni tecniche ha permesso, per la prima volta, di raccogliere i dati quantitativi indispensabili per fotografare in modo realistico l’andamento della gestione del cinghiale negli ultimi sette anni su tutto il territorio nazionale.
La mancanza di un sistema omogeneo di raccolta dei dati a scala nazionale ha reso necessario un enorme sforzo di armonizzazione delle informazioni trasmesse. Determinanti per la costruzione della banca dati utilizzata per le analisi, sono state le informazioni contenute nei “Piani regionali di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l’eradicazione della peste suina africana”, elaborati nel 2022 da tutte le regioni e province autonome in risposta all’arrivo del virus nel nostro paese.

Lo studio ha avuto lo scopo di collezionare i risultati della prima indagine di dettaglio a scala nazionale che ISPRA ha realizzato grazie alle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Aree protette e che l’Istituto ha comunicato ai ministri dell’Ambiente e dell’Agricoltura. La consultazione di oltre 700 documenti e relazioni tecniche ha permesso, per la prima volta, di raccogliere i dati quantitativi indispensabili per fotografare in modo realistico l’andamento della gestione del cinghiale negli ultimi sette anni su tutto il territorio nazionale.
La mancanza di un sistema omogeneo di raccolta dei dati a scala nazionale ha reso necessario un enorme sforzo di armonizzazione delle informazioni trasmesse. Determinanti per la costruzione della banca dati utilizzata per le analisi, sono state le informazioni contenute nei “Piani regionali di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l’eradicazione della peste suina africana”, elaborati nel 2022 da tutte le regioni e province autonome in risposta all’arrivo del virus nel nostro paese.

Sulla base dei numeri disponibili sui cinghiali prelevati e dei parametri reperibili nella letteratura scientifica, ISPRA ritiene plausibile una consistenza minima al 2021 di un milione e mezzo di animali.
Nei sette anni a cui si riferisce lo studio, l’86% degli abbattimenti di cinghiale è avvenuto in attività di caccia ordinaria e il restante 14% in attività di controllo faunistico. Il 30% del prelievo totale (circa 630.00 mila animali) è stato realizzato in Toscana e sono sette le regioni che hanno prelevato oltre un milione di animali nel periodo 2015-2021 (Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio, Umbria, Liguria e Marche), per un complessivo 73% del prelievo totale.
L’abbattimento in caccia è stato realizzato per il 94% in territorio pubblico e solo per il 6% in riserve di caccia private. La tecnica di caccia più utilizzata in Italia rimane la braccata con cani da seguita (88% degli animali prelevati), seguono il tiro selettivo da appostamento (9%), la girata (2%) e la caccia vagante (1%). Questo tipo di prelievo è risultato all’incirca paritetico tra i sessi (51% maschi e 49% femmine), mentre è risultato sbilanciato per quanto riguarda l’età, con il 60% di adulti tra gli animali abbattuti e i restanti di meno di un anno.
Il 38% dell’attività di controllo faunistico è stata realizzata all’interno delle aree protette nazionali e regionali, la restante parte (circa 184.000 animali) in territorio non protetto. La tecnica più utilizzata per il controllo è stata il tiro selettivo (52%), seguita da cattura (31%), braccata (11%) e girata – tecnica condotta con l’uso di un unico cane che segnala la traccia dei cinghiali – (6%).
Nel periodo 2015-2021 la stima complessiva dei danni all’agricoltura è risultata di poco inferiore a 120 milioni di euro di danni per un totale di oltre 105.000 eventi di danno. Complessivamente il 36% degli importi (circa 30 milioni di euro) per danni da cinghiale è riferito alle aree protette nazionali e regionali, la restante parte (circa 89 milioni di euro) ad aree non protette.

Le regioni più colpite dai danni da cinghiale sono risultate Abruzzo e Piemonte con, rispettivamente, circa 18 e 17 milioni di euro nel periodo considerato. Altre tre regioni hanno fatto registrare oltre 10 milioni di euro di danni: Toscana, Campania e Lazio. Solo nella Provincia Autonoma di Bolzano non si rilevano danni all’agricoltura, in relazione alla distribuzione ancora molto limitata del cinghiale in questo contesto





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