Si segnala l’importanza, anche per le imprese agricole italiane, dell’evoluzione del dibattito europeo sui temi relativi a E-Fuels e biocarburanti, perché le posizioni assunte recentemente dalla Commissione europea, in attuazione della Direttiva (UE) 2018/2001, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (anche attraverso l’emanazione di due Regolamenti*), possono comportare effetti negativi per le tecnologie italiane.
Regolamento Delegato (UE) 2023/1184, del 10 febbraio 2023 che integra la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, definendo una metodologia dell’Unione che stabilisce norme dettagliate per la produzione di carburanti rinnovabili liquidi e gassosi di origine non biologica per il trasporto;
Regolamento Delegato (UE) 2023/1185, del 10 febbraio 2023 che integra la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio definendo la soglia minima di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dei carburanti derivanti da carbonio riciclato e precisando la metodologia di valutazione delle riduzioni di emissioni di gas a effetto serra da carburanti rinnovabili liquidi e gassosi di origine non biologica per il trasporto e da carburanti derivanti da carbonio riciclato.
Secondo alcuni recenti orientamenti della Commissione europea, i biocarburanti prodotti dalle biomasse non sarebbero più da considerarsi come una fonte energetica rinnovabile, ma tuttalpiù combustibili Green, come gli E-Fuels, che sono tali solo se prodotti di sintesi da Idrogeno Verde, cioè generato dall’elettrolisi, con l’utilizzo di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili, sostanzialmente con la conversione fotovoltaica o attraverso le turbine eoliche.
Tuttavia, a seguito della necessità di rispettare alcuni parametri, la stessa generazione di idrogeno mediante l’uso delle biomasse, con tecnologie che richiedono alta temperatura e quindi producono elevate emissioni, potrebbe essere compromessa, con un notevole danno per il potenziale di produzione italiano dell’idrogeno verde, a cui si rischia di aggiungere una penalizzazione del nostro paese anche per quanto riguarda la sua posizione di avanguardia tecnologica nell’utilizzo delle Biomasse di origine biologica, visto che resta anche da definire le conseguenze di un inquadramento del biometano.
Un riferimento è alla Comunicazione C(2023) 1087 (Regolamento Delegato COM (2023) 1087 del 10.2.2023) della Commissione, che integra la Direttiva (UE) 2018/2001 (RED II), nella quale vengono stabilite le norme dettagliate per la produzione di carburanti rinnovabili liquidi e gassosi per trasporti, di origine non biologica.
In tutti i Regolamenti delegati, e nei Regolamenti di esecuzione, infatti, viene sempre più frequentemente richiamato il principio che i carburanti dovranno essere “Di origine non biologica”, ritenendo accettabile, tra quelli che utilizzano una fonte biologica come le biomasse, solo l’”E-Fuel”.
I carburanti rinnovabili liquidi e gassosi, di origine non biologica per il trasporto, sono considerati importanti per accrescere la quota di energia rinnovabile in settori che, a lungo termine, dovrebbero, sempre più, basarsi sui combustibili liquidi o gassosi. È opinione comune, infatti, che i mezzi pesanti e gli aerei non potranno, per il momento, passare all’elettrico, ma dovranno continuare ad essere alimentati da carburanti, liquidi o gassosi, però di origine non biologica.
La rifusione della direttiva sull’energia da fonti rinnovabili, infatti, introduce nuove disposizioni per promuovere l’uso di carburanti rinnovabili liquidi e gassosi di origine non biologica, per il trasporto. La RED II, infatti, impone di sviluppare una metodologia affidabile per garantire non solo che l’energia elettrica usata per produrre carburanti rinnovabili liquidi e gassosi, di origine non biologica per il trasporto, sia di origine rinnovabile, ma che vengano anche emanate norme che precisino:
i) la correlazione temporale e geografica, tra l’unità di generazione dell’energia elettrica, e la produzione del carburante,
ii) la garanzia che il produttore di carburante contribuisca alla diffusione delle energie rinnovabili o al loro finanziamento.
In linea di principio, i carburanti liquidi e gassosi di origine non biologica, prodotti a partire dall’energia elettrica, sono considerati rinnovabili se lo è l’energia che li produce.
L’energia elettrica rinnovabile:
• può essere fornita da un impianto collegato direttamente all’impianto (generalmente un elettrolizzatore) di produzione dei carburanti rinnovabili liquidi e gassosi di origine non biologica, per il trasporto,
• può essere prelevata direttamente dalla rete.
Nella comunicazione su REPowerEU la Commissione ha delineato la sua strategia per affrancarsi dai combustibili fossili russi, ben prima della fine del decennio. Anche in questo contesto svolgono un ruolo importante i carburanti rinnovabili liquidi e gassosi di origine non biologica per il trasporto, utili anche perché consentono di ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili in generale.
In sintesi, secondo gli ultimi orientamenti della Commissione, l’energia verde che proviene da carburanti rinnovabili liquidi e gassosi, deve essere di origine non biologica e riferibile esclusivamente alla definizione di E-FUEL.
Gli E-Fuel sono carburanti sintetici climaticamente neutri, realizzati attraverso processi ambientalmente sostenibili. Per produrre gli E-Fuel, infatti, si utilizza una particolare combinazione di anidride carbonica e idrogeno verde, prelevando la CO2 dall’ambiente, attraverso sistemi che funzionano con le energie rinnovabili. L’idrogeno viene ottenuto tramite elettrolisi dall’acqua e per farlo serve molta energia elettrica e molta acqua.
La Commissione Europa, dopo un lungo braccio di ferro con la Germania, si sarebbe convinta ad autorizzare l’E-Fuel per alimentare le auto endotermiche, prodotte dopo il 1° gennaio 2035.
Con questa “deroga” le Case automobilistiche potrebbero continuare a produrre e a vendere in Europa auto alimentate a E-Fuel, purché non siano in grado di funzionare anche con la benzina tradizionale. Il condizionale, “potrebbero”, è necessario perché gli E-Fuels sono dei carburanti sperimentali, non ancora in commercio.
La neutralità delle emissioni vale, comunque, per la CO2 ma non per gli altri inquinanti tossici per la salute umana, che sarebbero analoghi a quella di benzina o diesel.
Il Governo italiano, dal canto suo, non è soddisfatto dell’orientamento di privilegiare l’E-Fuel e di escludere i biocarburanti per i trasporti, e si è dichiarato intenzionato a insistere per difendere le tecnologie italiane, assai evolute, in termine di emissioni di CO2, prodotte dai biocarburanti di origine biologica.
Riteniamo importante seguire con attenzione l’evoluzione della normativa europea sulle fonti rinnovabili, compresi gli sviluppi legati all’impiego delle biomasse per la produzione di biocarburanti sostenibili.
Per comprendere le implicazioni degli ultimi pronunciamenti comunitari, è utile un approfondimento sulla differenza tra E-Fuel (carburante sintetico basato sull’Idrogeno verde) e biocarburanti.
Gli E-Fuel vengono prodotti combinando chimicamente idrogeno e anidride carbonica. L’idrogeno viene ottenuto per elettrolisi dall’acqua e per farlo serve molta energia elettrica e molta acqua (per produrre 1 kg di idrogeno, da elettrolisi, sono necessari 9 litri di acqua e 41,4 kWh /kg di idrogeno; quindi per ottenere una tonnellata di H2 si devono consumare ben 9.000 litri di acqua).
Affinché i carburanti sintetici siano davvero a zero emissioni di CO2 occorre che questa elettricità venga da fonti di energia rinnovabili come quella solare, eolica, geotermica, idrica o dalle maree, ma non certo da fonti fossili (petrolio, gas, carbone).
Nella seconda fase del processo, l’idrogeno, utilizzando, ad esempio la sintesi Fischer-Tropsch, viene combinato con la CO2 estratta dall’aria in un catalizzatore ad alta pressione e convertita in un vettore energetico liquido: l’E-Fuel, che altro non è che metanolo sintetico, da trasformare con ulteriori processi di raffinazione in: E-Benzina; E-Diesel; E-Gas, E-Kerosene, a seconda degli utilizzi previsti.
L’idea che sta alla base della neutralità carbonica degli e-Fuel è che, per la loro produzione, viene prelevata anidride carbonica dall’atmosfera e che, durante l’utilizzo, nei motori a combustione interna, viene emessa la stessa quantità di CO2 legata alla creazione del carburante sintetico.
In teoria, tutte le auto oggi in circolazione potrebbero viaggiare con benzina o gasolio sintetico, ma come detto non è ancora disponibile alle pompe e forse non lo sarà per molto tempo.
Dal punto di vista della maturità tecnologica, va segnalato che ancora oggi sono praticamente inesistenti gli impianti che producono E-Fuel su scala industriale o per il grande pubblico, così come per le pompe di carburanti sintetici. Tuttavia, gli E-Fuel non solo possono utilizzare le infrastrutture di trasporto/distribuzione e le stazioni di rifornimento esistenti, ma sono molto compatibili con gli odierni motori a combustione interna, compresi quelli di camion, aeroplani e navi.
Gli E-Fuel, inoltre, emettono una quantità di ossidi di azoto e di particolato significativamente inferiore rispetto ai carburanti convenzionali.
Gli E-Fuels sono stati ampiamente studiati e le competenze scientifiche e tecniche per l’avvio del mercato sono disponibili.
Tuttavia, al momento mancano le condizioni politiche necessarie per consentire la produzione di E-Fuels su scala industriale, come la tassazione dei carburanti basata sulla CO2 o l’accreditamento degli E-Fuels come carburante neutrale per il clima, nel trasporto stradale.
Se le condizioni di mercato e le regole di produzione sono giuste, gli E-Fuels possono iniziare a essere prodotti nel 2025 e aumentare progressivamente, per consentire la completa sostituzione dei carburanti convenzionali nel 2050.
Per quanto riguarda i biocarburanti, come il bioetanolo e il biodiesel, questi vengono prodotti a partire dalle biomasse, cioè dagli scarti di materia organica, generata dalle piante e dagli animali. Le biomasse di partenza, quindi, sono costituite dagli scarti dell’industria agroalimentare; i rifiuti organici urbani; le ramaglie verdi di attività agricole e forestali; i residui della legna da ardere; e altro ancora.
I biocarburanti sono “virtualmente” carbon neutral perché, impiegati per alimentare i motori termici, emettono l’anidride carbonica già presente nella biomassa di partenza, a sua volta captata dall’atmosfera e fissata nella materia organica dalle piante, attraverso la fotosintesi.
I biocarburnati principali sono:
Il bioetanolo viene prodotto tramite un processo di fermentazione delle biomasse in cui i microrganismi (batteri) metabolizzano gli zuccheri vegetali e producono etanolo. Questo tipo di carburante viene già utilizzato in basse percentuali (5-10%) nell’attuale benzina in commercio.
Il biodiesel, invece, è un carburante che viene prodotto tramite un processo chimico, che prende il nome di transesterificazione. Il grasso animale, il grasso da cucina riciclato o l’olio vegetale vengono fatti reagire con un alcol a catena corta (di solito metanolo), alla presenza di un catalizzatore che ne accelera l’azione. Il risultato è un biodiesel grezzo, che poi viene nuovamente raffinato per raggiungere il prodotto finale.
Ma è anche considerato un biocarburante il biometano, che rientra tra i “carburanti neutri in termini di emissioni”, come dimostrato anche il 16 aprile al G7 per il Clima, l’Ambiente e l’Energia, ma che non è considerato tale dalla Commissione europea.
Come noto, il biometano è prodotto dal recupero di rifiuti organici (letame, residui di colture, scarti agroalimentari) e ha le stesse caratteristiche del gas naturale e può essere utilizzato per riscaldare, cucinare e per viaggiare. Recuperato come carburante, apre la strada a una mobilità sostenibile e più rispettosa dell’ambiente.
In conclusione, secondo i risultati di un ampio dibattito a livello europeo, la Commissione europea si sta predisponendo per considerare che le biomasse utilizzate come fonte energetica possono concorrere solo a produrre Idrogeno Verde con il quale generare gli E-Fuels.
Questa impostazione, tuttavia, comporta, sostanzialmente, la perdita, per i carburanti prodotti a partire dalle biomasse, dell’appartenenza alle fonti energetiche rinnovabili.
In altre parole, per valorizzare le biomasse ci si troverebbe costretti a passare per la produzione di idrogeno verde (e successiva sua trasformazione in E-Fuel). Resterebbe, quindi, escluso dalla definizione di fonte energetica rinnovabile il biometano.
Le recenti decisioni dell’UE sembrano, peraltro, non andare d’accordo con altre decisioni prese in passato anche dall’Unione europea. Nella direttiva sulle energie rinnovabili (Red III), emessa nel settembre del 2022, il Consiglio ha fissato l’obiettivo vincolante, per il 2030, del 45% di energia proveniente da questo tipo di fonti nel mix energetico complessivo europeo.
Questo è il nodo che più interessa il settore agro-zootecnico, che ha investito in una filiera matura e dalle indubbie valenze ambientali, specie nell’ambito di un processo di riqualificazione dell’attività zootecnica (legato all’introduzione in azienda della digestione anaerobica).
La Commissione europea, in sede legislativa, infatti, per il biometano non sembra mantenere lo stesso approccio aperto alle diverse fonti di energia green per quanto riguarda i carburanti non derivati dal petrolio. Una scelta che penalizza fortemente i Paesi che nel biometano hanno investito. Come l’Italia o anche la stessa Germania, entrambi grandi produttori sia nei comparti di auto e componenti, ma anche di biometano, perché con produzione zootecnica importante.
In più il biometano potrebbe essere trasformato in biogas combustibile (BioNGV), che rifornisce di solito le flotte di autobus. Mezzi meno rumorosi e meno inquinanti che non emettono quasi nessuna polvere fine con le emissioni di CO2 prodotte dai combustibili fossili che sono ridotte dell’80% (lo stesso parametro che è stato considerato per definire la sostenibilità dell’idrogeno verde).
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