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Emissioni di gas serra – Proposta di modifica della Legge europea sul Clima

12 Gen 2021
Lo scorso 4 marzo la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica. La Legge europea sul clima – COM(2020)80 – è solo una delle misure previste dal Green Deal europeo, la nuova strategia di crescita dell’Unione volta a far sì che l’Europa diventi il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. La proposta di regolamento relativa alla legge europea sul clima stabilisce un obiettivo comune, e giuridicamente vincolante, di zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050, indicando con l’obiettivo di Net-zero che le emissioni di gas serra non devono superare le rimozioni di gas serra. Alle istituzioni dell’Unione Europea e agli Stati membri viene richiesto di adottare le misure necessarie per raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica collettiva.
Il 17 settembre 2020 la Commissione europea ha presentato una proposta modificata di regolamento – COM(2020)563 – volta ad includere l’obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L’introduzione di un obiettivo climatico intermedio ha il fine di assicurare il raggiungimento dell’obiettivo, già previsto per il 2050, della neutralità climatica, ossia il raggiungimento di un equilibrio tra le emissioni antropogeniche e gli assorbimenti antropogenici dei gas a effetto serra di tutti i settori economici mediante soluzioni naturali e tecnologiche. Questa strategia mira anche a proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’UE e a proteggere la salute e il benessere dei cittadini. La Commissione europea, sulla base dell’analisi effettuata nella sua valutazione d’impatto, afferma che il conseguimento di una riduzione del 55% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 non solo metterebbe l’Unione sulla buona strada per conseguire la neutralità climatica, ma comporterebbe anche una serie di vantaggi, quali portare ad una riduzione complessiva del 60% dell’inquinamento rispetto ai livelli del 2015, diminuire i danni alla salute e determinare un calo dei costi di controllo dell’inquinamento atmosferico. Infine, la Commissione sostiene che occorrerà sì investire nel sistema energetico, ma i maggiori investimenti iniziali saranno ripagati nel tempo dalla riduzione del consumo di combustibili fossili.
Va sottolineato come in Italia, sulla base dei dati Ispra, solo il 7% delle emissioni dei gas serra derivino dall’agricoltura, mentre i maggiori responsabili dell’inquinamento sono le industrie con il 44,7% e i trasporti con il 24,5%. L’agricoltura italiana, infatti, è tra le più sostenibili in Europa con 30 milioni di tonnellate di CO2 contro i 76 milioni di tonnellate della Francia, i 66 milioni di tonnellate della Germania, i 41 milioni del Regno Unito e i 39 milioni della Spagna. In base a questo scenario la Legge climatica europea per il settore agroalimentare italiano potrebbe, da un lato, costituire una opportunità nell’ambito di un ulteriore miglioramento della competitività, ma, dall’altro lato, anche un problema, in termini di nuovi costi di adeguamento e vincoli, in funzione di come si evolverà il dibattito in merito alla specificità del settore agroalimentare, sia in campo emissivo, sia dal punto di vista degli assorbimenti di carbonio. La legge climatica europea, infatti, non dovrebbe limitarsi al mero inseguimento di “obiettivi vincolanti” ma dovrebbe contribuire a superare alcuni problemi che interessano il complesso rapporto tra settore agroalimentare e cambiamento climatico, integrandosi con la strategia Farm to fork che, in questo senso, ha tracciato importanti scenari di intervento proprio su quelle che possiamo considerare attualmente le principali lacune della normativa climatica europea.
Si tratta, infatti, di cogliere a pieno le potenzialità di un settore che dovrebbe essere considerato il principale “protagonista” delle politiche climatiche, sulla base della sua particolarità vulnerabilità e delle sue potenzialità di mitigazione climatica.
In termini di analisi di impatto, infatti, possono generare preoccupazioni gli effetti potenziali della mera applicazione di obiettivi di riduzione delle emissioni sempre più stringenti in un contesto caratterizzato, a livello sia nazionale che europeo, da modelli produttivi agricoli molto diversificati. Se si vuole ragionare in termini di “neutralità climatica”, perseguendo nel contempo una transizione giusta per tutti i gruppi economici e sociali, in cui “nessuno venga lasciato indietro”, si dovrebbe, infatti, costruire una cornice normativa complessivamente in grado di accompagnare il settore agroforestale verso un miglioramento continuo delle performance climatiche ma al tempo stesso di sfruttare il suo potenziale in termini di mitigazione climatica. Andrebbe, ad esempio, maggiormente promosso l’assorbimento di carbonio nel suolo e nelle piante e in generale di tutti quegli approcci circolari tipici dell’agricoltura in grado di garantire riduzione di impatti ambientali, emissioni e sprechi.






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