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Commercializzazione di carni di selvaggina selvatica: approvate le “Linee guida”

26 Apr 2021

Aumenta la domanda di selvaggina e sono sempre più numerosi i ristoranti che servono piatti a base di questo tipo di carni. Parallelamente si registra negli ultimi anni un incremento di animali selvatici, dai cinghiali ai cervi, daini, caprioli fino a camosci e mufloni. Un settore dunque in rapida evoluzione. Ma anche con la piaga delle vendite in nero. Mentre emerge con sempre maggiore urgenza la necessità di regolamentare le filiere della carne, soprattutto di cinghiale che potrebbero rappresentare uno strumento di sviluppo delle aree interne attraverso la valorizzazione in circuiti enogastronomici controllati.

Da qui dunque la necessità di regolamentare requisiti, regole e controlli. Nella seduta della Conferenza Stato Regioni del 25 marzo è stata raggiunta l’intesa tra Governo e Regioni sulle “Linee guida in materia di igiene delle carni di selvaggina selvatica”. L’obiettivo del documento è di armonizzare le indicazioni relative al regolamento Ue 853 del 2004 con i controlli sul territorio nazionale.

Le linee guida si applicano solo alla selvaggina selvatica. Tre le possibilità per l’utilizzo di selvaggina selvatica: autoconsumo, fornitura diretta di piccoli quantitativi e commercializzazione.
Possono essere destinati alla produzione di carni gli animali abbattuti dal cacciatore nell’ambito della regolare attività venatoria oppure nel corso di attività di controllo gestite da Regioni, Parchi, province ecc. o ancora con sistemi assimilabili agli abbattimenti delle attività di controllo.

Le carni di selvaggina selvatica così abbattuta possono essere destinate all’autoconsumo da parte del cacciatore, all’immissione sul mercato locale (consumatore o dettagliante) o alla commercializzazione attraverso uno stabilimento riconosciuto.

La fornitura diretta non rientra nella “commercializzazione” e dunque nel caso degli ungulati il cacciatore può vendere il capo al dettagliante. In alcune regioni poi è consentita la vendita a più dettaglianti, ma sempre in ambito locale. Regioni e Province autonome possono anche chiedere che la fornitura diretta anche ai ristoranti avvenga attraverso un centro di lavorazione dove possano essere effettuati i controlli. Nel centro di lavorazione deve passare la selvaggina abbattuta in Paesi europei ed extra europei.
Le linee guida definiscono gli adempimenti e i quantitativi di selvaggina che ciascun cacciatore può vendere ogni anno e la documentazione richiesta a macellai e ristoratori.

Per quanto riguarda la commercializzazione delle carni queste devono essere sottoposte a ispezione veterinaria nel centro di lavorazione. Ma già nel luogo di abbattimenti il capo abbattuto deve essere esaminato da una persona “formata”.
Sono stati definiti anche i requisiti igienico sanitari dei locali dove vengono trattate le carni, dai centri di raccolta a quelli di lavorazione riconosciuti e le modalità di lavorazione sia per quanto riguarda capi di grossa taglia che di piccola taglia.
Non possono entrare nei circuiti commerciali i capi morti per incidente.
Per tutti gli animali abbattuti e destinati al consumo deve essere garantita la rintracciabilità.

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