Nel V Rapporto sul capitale naturale, redatto dal Comitato per il capitale naturale (CCN) presieduto dal Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, si evidenzia l’urgenza e la necessità di adeguare la normativa sulle aree protette introdotta dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, alle nuove sfide rappresentate dagli obbiettivi posti dalla Strategia europea sulla biodiversità per il 2030, dalla normativa europea sul ripristino della natura, di prossima approvazione, e dal Patto verde europeo (Green New Deal). La Strategia europea sulla biodiversità evidenzia che l’attuale rete di aree protette non è estesa abbastanza da garantire adeguatamente la salvaguardia della biodiversità, e chiede, entro il 2030, la creazione di aree protette comprendenti almeno il 30 per cento della superficie terrestre e marina dell’Unione europea. Nel V Rapporto sul capitale umano si legge che « In Italia il sistema delle aree di tutela ambientale è formato dall’integrazione e sovrapposizione delle Aree protette nazionali e regionali e della rete Natura 2000, rete ecologica diffusa sul territorio dell’Unione europea. Nel complesso, il sistema delle Aree protette nazionali e regionali (dato EUAP, 2010), insieme alla rete Natura 2000 copre attualmente un’estensione di quasi 10.500.000 ettari, interessando più del 20 per cento della superficie terrestre nazionale e l’11 per cento della superficie marina di giurisdizione italiana (acque territoriali +ZPE). A queste aree occorre aggiungere le cosìddette Other Effective area-based Conservation Measures (OECM): aree diverse dalle aree protette che, pur essendo istituite con un obiettivo differente, forniscono un efficace contributo alla conservazione della biodiversità. Grazie alla legge n. 394 del 1991 l’Italia è uno dei Paesi più ricchi di biodiversità, con 6.700 specie di flora vascolare e oltre 58.000 di specie faunistiche, ma a fronte di tale dato molti sono i fattori di pressione antropica che mettono a rischio il capitale naturale, quali i cambiamenti climatici, l’inquinamento, i rifiuti, il consumo di suolo e l’abusivismo edilizio, gli incendi boschivi e la perdita di biodiversità marina, l’invasione delle specie aliene, lo spreco di acqua, la perdita di suolo con distruzione del paesaggio. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) stima che nel 2020 il suolo consumato nelle zone presenti nell’elenco delle aree naturali protette sia stato pari a 59.335 ettari totali. Il presente disegno di legge recepisce alcune delle osservazioni emerse dal V Rapporto sul capitale naturale, aggiornando la normativa e mirando, tra l’altro, a un maggior coordinamento delle politiche per il capitale umano, all’omogeneità delle tutele (aree protette ai sensi della legge n. 394 del 1991, rete Natura 2000, zone umide di importanza internazionale), e a uno snellimento della governance degli enti di gestione. In particolare, sono inserite nel Sistema nazionale delle aree protette i parchi e le riserve naturali nazionali e regionali, le aree marine protette, le zone umide di importanza internazionale, i siti della rete Natura 2000. Secondo gli ultimi dati disponibili, del rapporto della Rete Rurale Nazionale sulla politica di sviluppo rurale per la biodiversità, Natura 2000 e le aree protette, le aziende agricole presenti nelle aree NAT2000 a livello nazionale, sono il 15% rispetto alle aziende agricole totali censite nell’indagine ISTAT SPA 2013, nelle regioni del Nord Italia sono il 12%, nel centro il 22%, al Sud il 13% e nelle Isole il 15%.
Si apprezza che si avvii una riforma della legislazione sulle aree protette considerato che la legge 394/1991 appare ormai superata dal nuovo contesto ambientale ed agricolo che si è andato sviluppando nell’arco di più di venti anni.
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