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Acque per uso irriguo canoni di concessione

24 Mar 2023

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il DM 31 dicembre 2022 Criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica.
Il decreto stabilisce come l’agricoltura sia un settore strategico per l’economia del paese e contemporaneamente può svolgere, attraverso le buone pratiche, un ruolo primario per il perseguimento di fondamentali obiettivi ambientali quali la ricarica degli acquiferi, la valorizzazione e la tutela del paesaggio, il mantenimento della sicurezza e della funzionalità idraulica del territorio e il contenimento dell’erosione del suolo, il sequestro del carbonio, il mantenimento/incremento della biodiversità vegetale e animale anche mediante il mantenimento di aree umide. Per tali ragioni, subordinatamente all’uso potabile, quello irriguo è considerato prioritario rispetto agli altri usi e ne vanno riconosciute le funzionalità ambientali.
Il canone di derivazione per l’uso irriguo deve tenere conto della quantità di risorsa idrica prelevata e dell’impatto generato sui corpi idrici dal medesimo prelievo, quantificato come costo ambientale nell’ambito dell’analisi economica dei piani di gestione per gli usi irrigui.
Nella determinazione dei canoni per uso irriguo, si potrà attuare una riduzione del canone, solo in presenza di un sistema di misurazione dei volumi, laddove previsto dai regolamenti emanati dalle regioni, ordinarie e a statuto speciale, e dalle Province autonome di Trento e Bolzano a recepimento delle linee guida del MIPAAF di cui al decreto ministeriale 31 luglio 2015 e nel caso in cui lo stato del corpo idrico interessato dal prelievo sia buono.
Qualora lo stato del corpo idrico interessato dal prelievo sia inferiore a buono per motivi quantitativi e le cause siano imputabili, in base all’analisi delle pressioni, anche in quota parte al prelievo irriguo, tale riduzione non può essere applicata.
Per l’uso irriguo in autoapprovvigionamento le regioni, ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome di Trento e Bolzano potranno applicare il canone sulla portata massima derivabile o applicare un canone di concessione a progressione non lineare sul quantitativo prelevato (misurato o stimato), anche al fine di conseguire una gestione virtuosa della risorsa e comunque incentivare l’uso efficiente della stessa nel rispetto dei principi sanciti dall’art. 9 della DQA (direttiva quadro acque) e dagli articoli 119 e 152 del decreto legislativo n. 152/2006.
Tra le pratiche di uso efficiente della risorsa rientra il possibile riuso delle acque reflue depurate, così come disciplinato dal decreto ministeriale 185 del 12 giugno 2003 «Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue», e dalle future integrazioni normative che si renderanno necessarie per l’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2020/741 del 25 maggio 2020 recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua.

A seguito del trasferimento delle competenze in materia di demanio idrico dallo Stato alle regioni, iniziato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 e conclusosi con il decreto legislativo n. 112/1998, l’adeguamento dei canoni e il relativo incasso spetta alle regioni, sia ordinarie che a statuto speciale, e alle Province autonome di Trento e Bolzano.
All’attualità, si hanno canoni differenti da regione a regione e occorre che tale differenziazione sia maggiormente rispondente, secondo i principi e i criteri che si vogliono definire con il presente decreto, ad un processo valutativo delle realtà territoriali di riferimento, siano esse idrologiche, idrauliche, ambientali, morfologiche, economiche ecc.
Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 152 del 2006 di recepimento della direttiva 2000/60/CE, all’art. 154, comma 3, è stato previsto, al fine di assicurare un’omogenea disciplina sul territorio nazionale, che sia emanato un decreto, su proposta del MEF di concerto con il MASE e con il MASAF, in cui siano stabiliti i criteri generali per la determinazione da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica, nel rispetto dei principi del « full cost recovery », del «chi inquina paga» e del principio dell’efficienza nell’utilizzo della risorsa idrica sanciti dalla DQA, in modo da garantire, coerentemente con quanto previsto dal citato comma 3 dell’art. 154, riduzioni del canone nei casi in cui il concessionario attui un riuso delle acque a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate.
Ai sensi dell’art. 9 della DQA e degli articoli 119 e 154 del decreto legislativo n. 152/2006, al fine di incentivare un uso razionale della risorsa e concorrere al conseguimento degli obiettivi di qualità previsti dalla medesima direttiva, il canone di concessione, definito per ogni uso, deve essere determinato, fatte salve le disposizioni delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano ove compatibili con la normativa eurounitaria, tenendo conto: della quantità d’acqua prelevata (fattore di proporzionalità) e della quantità e qualità di risorsa restituita (art. 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 come modificato dall’art. 96 del decreto legislativo n. 152/2006); delle variabili che sintetizzano aspetti che influiscono sul raggiungimento degli obiettivi della DQA (fattore correttivo), come di seguito definiti.
Nella determinazione del fattore correttivo occorre tener conto almeno:
a) del rischio correlato alla derivazione di non raggiungimento degli obiettivi ambientali, così come definito dalle direttive emanate dalle autorità di bacino distrettuali in applicazione del DD 29/2017;
b) dell’impatto che la restituzione puntuale a valle dell’uso esercita sul corpo idrico ricettore, in termini di eventuale ostacolo al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi ambientali;
c) della sussistenza di rilasci atti a garantire portate maggiori rispetto a quelle necessarie a garantire il deflusso ecologico a valle della derivazione stessa e di altre eventuali esternalità positive. Per le nuove concessioni di derivazione il canone di derivazione dovrà tener conto di quanto sopra specificato. Il decreto sancisce l’obbligo di registrazione dei volumi di acqua oggetto di consumo tramite il ricorso a strumenti di controllo come i misuratori e sottolinea l’importanza di garantire la qualità delle acque in attesa dell’attuazione del piano laghetti e delle misure necessarie per garantire la disponibilità di acque a partire dalla manutenzione delle dighe, che dovrebbe declassificare i residui non considerandoli come rifiuti. Il provvedimento deve essere, quindi, contestualizzato rispetto alla finalità di fornire delle indicazioni che armonizzino la gestione del consumo delle acque per i diversi usi nelle regioni, riconoscendo altresì l’importanza dell’agricoltura e, quindi dell’uso irriguo, alla quale viene riconosciuto un regime di favore concedendo la possibilità di prevedere, a livello locale, una riduzione del canone di derivazione per tale uso, in presenza di un sistema di misurazione dei volumi e nel caso in cui lo stato del corpo idrico interessato dal prelievo sia buono.

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