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Inquinamento atmosferico

10 Dic 2020

Recentemente è stato presentato, in modalità telematica, il primo rapporto nazionale di sistema sulla qualità dell’aria redatto dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) che descrive lo stato e il trend dell’inquinamento atmosferico in Italia nel periodo 2010-2019.

Il rapporto sottolinea come l’inquinamento atmosferico determinato dalle attività antropiche sia un fattore riconosciuto di rischio per la salute umana e per gli ecosistemi, largamente variabile sia su scala globale che su scala continentale o regionale.
I dati principali vedono le emissioni di PM10 caratterizzate nel periodo 1990 – 2018 da un andamento decrescente del 40%. La riduzione dal 2005 tuttavia è pari solo al 22%. La maggior parte delle emissioni è dovuta alla combustione non industriale (54% del totale nel 2018), per la quale si registra un incremento del 38% rispetto al 2005, all’agricoltura (13%) e ai trasporti su strada (12%) (ISPRA, 2020).
Le attività agricole e zootecniche possono contribuire all’inquinamento qualora vengano svolte attività di abbruciamento di materiale vegetale derivante dalle normali attività agricole e selvicolturali (oggi vietate nel periodo invernale nelle zone, come il bacino padano, a maggior rischio di superamento dei valori limite di legge per il PM10), ma soprattutto sono la fonte assolutamente prevalente di emissioni di ammoniaca (che è considerata un precursore del particolato).
Nel report, sulla base degli indicatori raccolti, sono state inoltre valutate le riduzioni percentuali rispetto ad uno scenario teorico senza lockdown. Il PM10 risulta avere un decremento (settimanale del 20%) sensibilmente inferiore rispetto a quello previsto. Determinante il riscaldamento degli ambienti, le differenze tra le regioni sono dovute principalmente al diverso consumo di biomassa legnosa.
Le concentrazioni di NH3 (ammoniaca), invece, non mostrano sostanziali differenze nel 2020 rispetto al periodo 2016-2019. Questa mancata diminuzione è dovuta alla continuata attività agricola e zootecnica anche durante il periodo del lockdown.
Altri dati registrati durante il lockdown riguardano il riscaldamento domestico (con incrementi dal 5 al 15%), i servizi pubblici e privati (settore terziario) che registrano una riduzione dal 25 al 65% e l’industria, con una riduzione dal 6 al 35%, collegata al progredire dell’irrigidimento delle limitazioni.

Il quadro che emerge dagli studi e dalle analisi del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, è quello di un progressivo miglioramento della qualità dell’aria, anche se c’è ancora molto da fare in particolare in alcune aree del nostro Paese perché in tutto il territorio nazionale i valori degli inquinanti siano al di sotto dei valori indicati dalla normativa per la tutela della salute dei cittadini e della vegetazione.
E’ evidente comunque che il delicato rapporto tra le fonti degli inquinanti atmosferici, la qualità dell’aria e la salute delle persone stia mettendo in luce criticità non trascurabili che trovano una sintesi nel perseguimento dei Goals dell’Agenda ONU 2030 sullo Sviluppo Sostenibile. In Italia, infatti, le criticità principali sono ancora quelle dovute al superamento degli standard di legge per le polveri sottili, per il biossido di azoto e per l’ozono per quanto attiene alla salute dei cittadini e per l’ozono e gli ossidi di azoto per quanto riguarda la tutela della vegetazione.

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